Qual è il senso di un incontro negli spazi di Fondazione Benetton Studi Ricerche dedicato a un’enciclica papale? Perché ci interessa il movimento culturale nato attorno a questa iniziativa di Papa Francesco? Non sono domande retoriche, e la risposta non è facilmente sintetizzabile in poche parole.
In questo scorcio di terzo millennio il mondo occidentale – diciamo, per semplicità, la vecchia Europa – stenta a ritrovare la capacità di dare un senso al proprio futuro, che sembrava definitivamente indirizzato verso pace, sviluppo e felice coesistenza tra diversi dopo la caduta del muro di Berlino. Ora, il muro crollato nel 1989 viene tristemente sostituito da molti più muri, sia fisici che ideologici, costruiti giorno dopo giorno.
Assistiamo ad un processo di progressiva chiusura di frontiere fisiche e mentali, un ritorno al passato antistorico e pericoloso, se riletto alla luce di quanto è successo nel secolo appena concluso. In questo momento di evidente difficoltà della civiltà occidentale, di incapacità di dare un significato al “progresso”, le parole di Jorge Maria Bergoglio diventano così un manifesto politico, elaborato dall’unico leader a scala mondiale con l’autorevolezza necessaria a indicare una via nuova e diversa, e per molti scomoda. Con lui, chiamato, in un’alleanza inedita, a scrivere l’introduzione all’enciclica, un profeta laico visionario: Carlo Petrini, fondatore e leader carismatico di Slow Food. Scrive Petrini nella sua introduzione che “serve una mobilitazione delle anime di tutti, un movimento globale di opinione che prenda finalmente in mano le iniquità umane ed ecologiche e si prefigga di risolverle, nell’interesse del genere umano”. Credenti e non credenti, mondo laico e cattolico: tutti sono chiamati ad assumersi una responsabilità verso il bene comune. Ne va della nostra civiltà, urge un cambio di direzione prima che gli istinti tribali emergenti ogni giorno, con sempre maggiore arroganza, riportino definitivamente indietro le lancette della storia, verso un passato che si pensava seppellito dietro mille promesse e impegni.
Una battaglia di civiltà, che richiede comunità responsabili e consapevoli del valore di quanto afferma il Presidente Sergio Mattarella: «La cultura costituisce il tessuto connettivo della civiltà europea. Non cultura di pochi, non cultura che marca diseguaglianza dei saperi – e dunque delle opportunità – ma cultura che include, che genera solidarietà; e che muove dai luoghi, dalle radici storiche».