Si è parlato di comunità energetiche nella seconda parte del Forum delle Comunità Laudato si’ ad Amatrice: uno strumento per la condivisione tra i cittadini che valorizza le valenze sociali, oltre che tecniche, del tema energetico e cambia la percezione che le persone hanno della produzione e del consumo di elettricità.
Il Forum è stata l’occasione per introdurre le oltre venti Comunità Laudato si’ presenti nell’Auditorium della Laga all’argomento non solo dal punto di vista teorico, ma con l’idea di offrire un modello replicabile. Per questo è stata chiesta una testimonianza direttamente a una delle prime comunità energetiche, nata a Magliano Alpi: un comune di 2.200 abitanti in provincia di Cuneo. In particolare era ad Amatrice Marco Bailo, sindaco del paese e presidente della comunità: insieme a Sergio Olivero e Luca Barbero ha raccontato il progetto e introdotto agli aspetti amministrativi e tecnici.
Un’idea nata durante la pandemia
«Ne abbiamo iniziato a parlare nel periodo del Covid, in pieno lockdown – ha spiegato Bailo – mentre il nostro maggiore impegno era quello di distribuire le mascherine realizzate dai volontari. Con tutte le altre attività ferme abbiamo avuto modo di studiare e approfondire l’argomento». A fornire lo spunto, la legge appena approvata, il 28 febbraio 2020, che allo scopo consente agli enti pubblici di costituire associazioni con privati e piccole e medie imprese. «La delibera costitutiva, lo statuto e il regolamento li ha scritti di suo pugno il segretario comunale perché sull’argomento non c’era molto per fare copia e incolla da internet», ha raccontato con il sorriso dei pionieri il sindaco di Magliano Alpi che, marche da bollo in mano, si è recato personalmente all’Agenzia delle Entrate per depositare i documenti. E poi, con tutte le cautele richieste dalla situazione sanitaria, si è anche messo a fare il porta a porta tra i cittadini spaesati dalle prime comunicazioni: per far capire il progetto, per spiegare che non avrebbero dovuto cambiare fornitore della bolletta, per dire che il Comune si sarebbe fatto garante di una cosa alla quale potevano liberamente partecipare.
Produttori e consumatori
Ma partecipare a cosa esattamente? In pratica si costituisce un consorzio di produttori/consumatori di energia da fonti rinnovabili, che hanno il vincolo di essere collegati alla stessa cabina di trasformazione secondaria. L’energia generata, ad esempio attraverso impianti fotovoltaici, viene consumata innanzitutto dal produttore, che cede la quota non utilizzata al resto dei membri della comunità invece di immetterla genericamente in rete. Uno scambio che richiede la vicinanza di tutti i partecipanti all’esperienza e un attento bilanciamento tra produzione e consumo.
I vantaggi sono ambientali, grazie alla riduzione delle emissioni di CO2, visto che le comunità energetiche utilizzano solo energia prodotta da fonti rinnovabili, ed economici, perché con l’autoproduzione e distribuzione interna di energia i membri della comunità possono godere di notevoli benefici in termini di abbattimento del saldo in bolletta, oltre a garantire al Paese un risparmio sui costi di importazione e maggiore autosufficienza energetica.
È sbagliato, però, ridurre la faccenda a una questione di soldi: «Se ci basiamo solo sull’economia – ha detto Bailo – uno si mette quattro pannelli fotovoltaici sul tetto, attiva lo scambio sul posto e finisce lì». Invece la vera novità sta nella possibilità di scambiare e accumulare energia tra cittadini con un autentico spirito di comunità, estendendo a macchia d’olio i vantaggi tra famiglie, condomini, attività produttive. Dal punto di vista sociale, le comunità energetiche possono creare sviluppo e aggregazione nella dimensione locale: un beneficio umano che qualifica quello tecnico e coniuga la spinta a produrre energia sostenibile con quella ad essere virtuosi nei consumi. L’obiettivo ideale di ottenere comunità energeticamente indipendenti o quasi, e un valore aggiunto sta nel rendere il passo alla portata delle aree più critiche e svantaggiate del territorio.
Dall’egoismo alla condivisione
Ad approfondire il tema ci ha pensato Sergio Olivero, del Politecnico di Torino, che nella comunità energetica di Magliano Alpi è presidente del comitato scientifico. Per andare verso gli aspetti tecnici è passato dal quadro legislativo di riferimento, spiegando che la legge citata dal sindaco Bailo è il modo in cui l’Italia ha iniziato a recepire la Direttiva europea RED II del 2018, che indirizza a un nuovo scenario energetico il continente. «La prospettiva è quasi rivoluzionaria», ha detto rivolgendosi alle Comunità Laudato si’: «Prima le rinnovabili erano incentivate facendo leva sull’egoismo, pagando fin troppo l’energia che veniva immessa in rete; ora non s’incentiva più l’energia prodotta, ma quella che si riesce a far consumare a qualcun altro all’interno della propria comunità». E questo nella logica di un salto tecnologico che guarda lontano: «La direttiva RED II nasce per rendere possibile la mobilità elettrica, ma se domani mattina tutti gli italiani comprassero un’autovettura elettrica, la rete collasserebbe poco dopo, perché non sarebbe in grado di far fronte al fabbisogno». Che invece potrà essere soddisfatto con la produzione dell’energia a livello locale, peraltro eliminando la contraddizione di alimentare auto a emissioni zero con energia prodotta da centrali a carbone e aprendo anche scenari inediti sul fronte della conservazione dell’energia. «Le auto elettriche rappresentano una sorta di batteria distribuita: usando l’energia prodotta dalla comunità, i proprietari risparmieranno sui costi di ricarica, ma nei picchi di consumo, ad esempio quanto a causa del caldo gli impianti di condizionamento assorbono più energia, o di notte quanto i pannelli fotovoltaici non producono, potranno accettare di scaricare una parte della loro batteria restituendo energia alla comunità energetica per usarla o venderla sul mercato incamerando risorse. Chiaramente per gestire il processo serviranno algoritmi di intelligenza artificiale: quindi ci sono un sacco di posti di lavoro che attendono i giovani nativi digitali».
Gli incentivi
In effetti tutto lo scenario energetico basato sulla generazione distribuita e lo sviluppo di energia a chilometro zero richiede reti intelligenti (o smart grid). In Italia era già possibile, per i singoli cittadini o per gruppi di aziende, unirsi per finanziare l’installazione di un impianto condiviso e alimentato da fonti rinnovabili, la novità è che tale impianto possa fornire energia a più utenze e che sia i produttori che i consumatori possano usufruire per questo di tariffe incentivanti. La differenza con il passato è che gli incentivi non sono riconosciuti a tutta l’energia prodotta, ma solo a quella condivisa all’interno della comunità e consumata dai membri nella stessa fascia oraria di produzione. Qualora la produzione sia superiore al consumo, l’energia eccedente viene ceduta alla rete e si riconosce alla comunità il suo valore economico netto, senza ulteriori benefici.
Quale futuro
Sviscerati gli aspetti tecnici e sociali, Luca Barbero, che a Magliano Alpi coordina il gruppo operativo, ha mostrato le prospettive che si aprono per le comunità energetiche, invitando a coltivare una visione che vada oltre gli incentivi. «Senz’altro servono perché ogni cosa nuova all’inizio ha bisogno di una spinta», ha spiegato, ma ricordando che l’obiettivo è quello di «creare valore» per la comunità, sapendo che ai partecipanti l’esperienza porta i vantaggi dell’economia di scala e la possibilità, a breve, di erogare servizi di efficienza energetica come una utility. E non si tratta di una ipotesi, ma di un’opzione già prevista nei decreti.
Ciò detto occorre anche considerare che la creazione di una comunità energetica richiede competenze multidisciplinari. E per questo Magliano Alpi si è dotata del gruppo operativo: «Un contenitore di capacità professionali che servono alla realizzazione di questi progetti perché non basta essere bravi progettisti e bravi installatori – come quando si proponevano impianti fotovoltaici ai singoli, alla casa, al capannone, all’industria – ma occorre una serie di altre capacità: il legale per fare i contratti tra produttori e consumatori, un commercialista e, se vogliamo, anche un giurista che identifichi la forma giuridica da scegliere». Problemi ovviamente semplificati finché si resta in una dimensione piccola, ma che crescono di complessita mano a mano che si immaginano comunità più grandi.
Come fare
Proviamo allora a dare qualche linea guida per iniziare a ragionare. Il primo passo da compiere è la costituzione di un’entità legale tra i futuri soci della comunità. Dal momento che lo scopo di una comunità energetica non può essere il profitto, le forme più comunemente utilizzate per ragioni di praticità e convenienza sono quelle dell’associazione non riconosciuta o della cooperativa, ma non sono le uniche e, come detto, molto dipende dalla dimensione della realtà che si vuole costruire. Il passo successivo consiste nell’individuare l’area dove installare l’impianto (o gli impianti) di produzione, che dev’essere in prossimità dei consumatori. L’esempio minimo potrebbe essere quello di un condominio che installa un impianto fotovoltaico sul tetto e condivide l’energia prodotta tra tutti gli appartamenti che hanno scelto di far parte della comunità. Una logica scalabile alla strada o al quartiere e via crescendo.
L’impianto non deve necessariamente essere di proprietà della comunità: può essere messo a disposizione da uno solo o più dei membri partecipanti o addirittura da un soggetto terzo. Il convenzionamento con Comuni o altri enti pubblici, affinché sostengano le spese di investimento per l’impianto, è per questa ragione una modalità spesso utilizzata. I partecipanti alla comunità energetica avranno un contatore intelligente in grado di rilevare in tempo reale le informazioni di produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla rete dell’energia. Una volta messo in esercizio l’impianto, la comunità può fare istanza al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) per ottenere gli incentivi previsti dalla legge per l’energia condivisa. Come già detto, in alternativa l’energia in eccesso può venire immagazzinata in sistemi di accumulo e poi utilizzata quando le fonti rinnovabili non sono sufficienti o utilizzabili.
Come ripartire fra i membri i ricavi derivanti dall’energia prodotta attiene alle regole di funzionamento della comunità energetica, che ciascuna stabilisce liberamente. Per esempio si può decidere di ripartire i guadagni della vendita dell’energia in eccesso in modo uguale fra tutti i soci, o premiare quanti cercano di rendere i propri consumi energetici contemporanei alla produzione. Dal punto di visto pratico, ogni membro della comunità continua a pagare per intero la bolletta al proprio fornitore di energia elettrica, ma riceve periodicamente dalla comunità un importo per la condivisione dei benefici garantiti alla comunità. Un compenso che equivale di fatto a una riduzione della bolletta.