Atti di Convegni e Forum

«Il seme di Laudato si’» di Giulia Pandolfi

Qual è il seme che ha portato alla nascita delle Comunità Laudato si’? È stato l’incontro tra Carlo Petrini, il fondatore del movimento Slow Food e Papa Francesco, che si è concretizzato nella richiesta del pontefice al nostro Carlin di scrivere la guida alla lettura della sua Enciclica.

Ma come mai il Papa ha scelto proprio Petrini, quando i due, anche se condividono le origini piemontesi, provengono da mondi ed esperienze molto diverse? Perché tra i due c’è una comunità d’intenti ed una filosofia condivisa, che traspare proprio dall’Enciclica Laudato Si’.

Nell’Enciclica infatti vengono affrontati 3 temi principali, che trovano grande riscontro in ciò che Slow Food e Terra Madre, come associazione e come movimento, hanno perseguito nei loro 30 anni di storia, a livello internazionale e locale.

Papa Francesco ci propone un nuovo concetto: l’Ecologia Integrale, cioè il modo di intendere le relazioni ambientali, economiche, sociali, culturali e della vita quotidiana, che ha l’obiettivo di proteggere il bene comune e sa guardare al futuro.

Questa visione globale della tematica si rispecchia nel motto che è diventato il sottotitolo di Slow Food, e che è l’obiettivo che l’associazione si prefigge: cibo buono, pulito e giusto per tutti. Buono perché sano oltre che piacevole dal punto di vista sensoriale; pulito perché attento all’ambiente e al benessere animale; giusto perché rispettoso del lavoro di chi lo produce, lo trasforma e lo distribuisce. E questo si può ottenere soltanto ripensando, passo dopo passo, l’intero sistema alimentare perché ogni suo passaggio sia il più equo e giusto, non solo per le persone che vi lavorano ma anche per l’ambiente e la natura; rispettando la stagionalità dei prodotti e la vocazione di ogni territorio; prediligendo nella dieta quotidiana quanto viene prodotto sul proprio territorio; dando valore alle produzioni di piccola scala che si prendono cura della salute della terra che coltivano e della salute delle persone che consumeranno il frutto del loro lavoro.

Quali sono le azioni che Slow Food porta avanti a livello internazionale e sul territorio per perseguire quest’obiettivo?

Nel 2004 è nata la rete di Terra Madre, che riunisce soggetti attivi della filiera alimentare per promuovere l’agricoltura, la pesca e la produzione sostenibili. La rete coinvolge agricoltori, allevatori, pescatori, artigiani del cibo, accademici, cuochi, consumatori e gruppi di giovani di oltre 160 Paesi. Rappresenta la globalizzazione positiva e dà voce a chi si rifiuta di arrendersi ad un approccio industriale dell’agricoltura e alla standardizzazione delle colture alimentari. Tutte queste persone si incontrano ogni due anni a Torino, in concomitanza con il Salone del Gusto, cogliendo l’opportunità di discutere e condividere le loro conoscenze ed esperienze e di tornare alle loro attività quotidiane con l’energia positiva derivante dalla consapevolezza di far parte di una comunità internazionale unita da una visione comune.

Slow Food ha preso anche un grosso impegno per cercare di risanare il debito ecologico che i Paesi del Nord del mondo hanno nei confronti di quelli del Sud. Il progetto 10.000 Orti in Africa crea attorno agli orti comunitari reti di contadini, agronomi, studenti e cuochi; sono piccole oasi di biodiversità che possono indicare la strada verso un futuro sostenibile, attento ai bisogni delle comunità locali, svincolato dal disegno imposto dalle grandi istituzioni finanziarie internazionali e dagli investitori stranieri. Ma questi, come anche gli Orti in Condotta, gli orti scolatici, sono un importantissimo strumento per promuovere e sviluppare l’educazione alimentare e ambientale nelle nuove generazioni. Qui nella provincia di Treviso ci sono orti in 50 scuole, in cui gli insegnanti e i genitori vengono formati ad utilizzare l’orto didattico per sperimentare insieme ai bambini il piacere di coltivare e di mangiare insieme, osservando il mondo alimentare, dalla produzione al consumo, con un approccio critico.

Slow Food è da sempre molto impegnata anche nel secondo grande tema affrontato nell’Enciclica: il recupero delle relazioni umane. La nostra associazione vuole ricostruire la relazione tra consumatore e produttore che è andata persa nel mondo dominato dalla grande distribuzione, in cui le persone si trovano ad acquistare prodotti totalmente avulsi dalle persone e dalla terra che li hanno generati e trasformati. Invece, capire da dove proviene il nostro cibo, come è stato prodotto e da chi è un modo per imparare a conciliare piacere e responsabilità nelle scelte quotidiane. Per questo, anche nella Condotta di Treviso, organizziamo gli incontri dal produttore, visite in azienda che ci portano a conoscere sul campo il lavoro di contadini, allevatori, artigiani del cibo, a capirne la fatica e le difficoltà, la passione e l’amore per i frutti della loro attività, i processi di coltivazione e produzione che portano un determinato prodotto nel nostro piatto o nel nostro bicchiere.

Conoscere i produttori locali, per poter acquistare e consumare i prodotti del nostro territorio, ci porta anche a salvaguardarne la biodiversità. La difesa della biodiversità è un altro obiettivo in comune con Papa Francesco, che Slow Food persegue mediante il progetto dei Presìdi, i quali sostengono le produzioni di qualità a rischio di estinzione, proteggono regioni ed ecosistemi unici, recuperano metodi di lavorazione tradizionali e salvaguardano razze animali autoctone e varietà vegetali locali. Una mostra e un esempio della grande biodiversità che rischiamo di perdere potete vederla nelle centinaia di varietà che esistono, solo in Italia, tra i legumi, che avete potuto ammirare, o potrete farlo quest’anno, durante Leguminosa a Mogliano Veneto.

Insomma, Slow Food vuole dare a tutti i cittadini gli strumenti per poter fare scelte più responsabili, porta avanti una battaglia che si basa sulle azioni quotidiane di ciascuno per combattere il cambiamento climatico e lo sfruttamento eccessivo delle risorse. Ogni acquisto di cibo riveste un’importanza cruciale, perché cosa mangiamo orienta cosa coltiviamo, di quali specie e di quali luoghi ci facciamo custodi; l’agricoltura infatti è allo stesso tempo vittima del cambiamento climatico e chiave di volta per mitigarlo.

In questo modo, “cominciando a fare ciò che è necessario, ci troveremo a fare ciò che è possibile. E all’improvviso ci sorprenderemo a fare l’impossibile”. Iniziando da questi piccoli ma importantissimi gesti, riusciremo a condizionare anche le scelte di chi ha più potere per mettere in atto tutte le iniziative necessarie a cambiare rotta, perché “loro sono giganti, ma noi siamo moltitudine”!

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