Saluto tutti voi convenuti e porto il saluto di mons. Vescovo. Ringrazio per l’invito ad intervenire ad un evento importante che mette al centro la Lettera enciclica Laudato si’, con il concorso di più voci e la presenza autorevole di mons. Domenico Pompili.
Mi è stata chiesta una breve testimonianza su come la Chiesa di Treviso sta accogliendo quanto, in maniera efficace, papa Francesco ci ha consegnato nella Laudato Si’, sulla cura della casa comune.
Per rimanere nel solco di “una conversione ecologica integrale” (cfr. Ls 5, citando S. Giovanni Paolo II) è quanto mai opportuno guardarsi dalla tendenza rischiosa di ridurre l’impegno ecologico ad una – pur necessaria – sensibilità e azione a favore dell’ambiente, isolandolo come fosse una realtà pensata a sé stante.
Papa Francesco infatti ci richiama, con insistenza, alla necessità di tenere insieme, in tutte le sue dimensioni, l’impegno per la “cura della casa comune”. Ogni relazione di cui è costituito l’uomo e il cosmo è interdipendente e l’una sostiene ed è sostenuta dall’altra. Leggendo così l’enciclica risulta evidente che la liturgia (in particolare nella sua forma più alta che è la celebrazione eucaristica), con la forza che le è propria di mantenere insieme la comunità con l’umanità e con l’universo; i movimenti e le associazioni; come pure la la prossimità verso chi è ai margini… tutto questo (che è la vita della comunità cristiana) concorre o dovrebbe concorrere a bonificare ciò che, inquinando il cuore e le relazioni, alimenta squilibri, anche ambientali (cfr Ls 224).
Ma ho visto che ci sono degli interventi più puntuali a riguardo e quindi tralascio di evidenziare la dimensione di ordinarietà dell’ecologia integrale.
Io vorrei dar voce ad una esperienza ‘singolare’ presente nel nostro territorio, che sta da tempo offrendo un contributo spesso nascosto ‘alla sfida educativa’, richiesta dall’«ecologia integrale», e alla cultura della cura (Ls 231) .
Quando sono arrivato alla fine dell’Enciclica, mi sono detto: “ma è proprio la grande intuizione di don Paolo Chiavacci”.
Fin dagli anni ‘60 la Casa don Bosco a Crespano, avviata da don Paolo Chiavacci, sacerdote innamorato di Dio e delle sue opere, dell’uomo e del creato, in una casera alle pendici del Monte Grappa, tra prati e boschi, ha svolto un ruolo educativo su un triplice fronte: quello della spiritualità (ritiri-esercizi spirituali-giornate pastorali); quello dell’ecologia e dell’educazione alla conoscenza e salvaguardia del creato; quello dell’attenzione ed accoglienza, in particolare di persone anziane e con disabilità.
“Casa don Bosco” è divenuta sempre di più un catalizzatore di risorse umane, luogo di aggregazione di persone affascinate dalla bellezza delle diverse componenti del Creato. Attirando al contempo persone qualificate in astronomia, geologia, botanica, biologia, che hanno messo a disposizione di altri la loro passione e competenza attraverso iniziative promosse in sede e anche fuori, con convegni, conferenze per adulti e percorsi per le scolaresche (dalla scuola dell’Infanzia alle Superiori). Il programma che si è via via arricchito è stato reso possibile anche grazie alla strumentazione acquisita in ambito astronomico (4 telescopi, Planetario, aula multimediale…); in ambito geologico con laboratori e raccolte di rocce; in ambito botanico con percorsi nei boschi e prati vicini e anche con piante aromatiche; in ambito biologico, con l’osservazione diretta degli animali originari del luogo (uccelli-mammiferi-insetti…) e altri laboratori di ceramica, del pane, di lavoro con vimini, producendo anche interessanti sussidi didattici.
Quest’opera di educazione ecologica, comune ad altri enti/movimenti, è stata caratterizzata fin dal principio dalla riflessione cristiana promossa dal fondatore e dai sacerdoti diocesani che si sono succeduti. Alla morte di don Paolo Chiavacci la sua famiglia donò alla Diocesi la proprietà, nell’intento di dare continuità all’Opera. “Casa don Bosco” diventò così il “Centro di spiritualità e cultura don Paolo Chiavacci”.
Oltre alla Diocesi, che nei tempi successivi ha implementato gli ambienti permettendo un’accoglienza maggiore, e oltre al contributo dei vari esperti, molte persone hanno offerto, e continuano ad offrire, la loro opera di volontariato per assicurare le condizioni per l’ospitalità e la realizzazione del ricco programma annuale. Va ricordato in particolare il contributo degli alpini amici di don Paolo, ex-militare nella guerra d’Albania e sul fronte francese).
Il Centro è diventato in questo tempo un luogo di ritrovo di varie tipologie di ospiti: i partecipanti alle iniziative di spiritualità (sacerdoti, i membri dell’ACI, gruppi di famiglie e di ragazzi in preparazione ai sacramenti, campiscuola estivi); Gli appassionati della natura (grazie alle escursioni nell’ambiente vicino al Centro e anche lontano, con percorsi tematici con l’attenzione sugli animali, i fiori, le rocce…); o all’astronomia (con serate alla scoperta del cielo e dei fenomeni connessi); o a problematiche scientifiche con convegni; Le Scolaresche, per percorsi didattici preparati dalle guide con gli insegnanti (organizzati strutturalmente nei primi anni ’80, con una presenza consolidata di 5500-6000 ragazzi e giovani all’anno, tra giornalieri e residenziali); Famiglie, anziani e persone con disabilità per una ospitalità arricchita da iniziative per loro organizzate dal Centro.
Desidero soffermarmi proprio sulla proposta indirizzata ai più giovani. È stata elaborata una proposta e un’azione educativa che non prevede la pura comunicazione orale, ma che valorizza le risorse umane di cui siamo dotati e che troppo spesso vengono utilizzate solo in parte e magari sono atrofizzate. Perciò nel corso della giornata vengono attivate iniziative che favoriscono la vista (con l’uso del telescopio e dei microscopi per l’osservazione di piante, animali, rocce, ruscelli e pozze d’acqua con il loro ecosistema); l’udito (con l’esperienza, ad esempio, del silenzio notturno nel bosco); il tatto (nella manualità e nei laboratori di ceramica, nel pane, negli oggetti di vimini con il riconoscimento degli alberi ad occhi bendati); l’odorato (con l’individuazione del profumo delle piante aromatiche); il gusto (con il cibo preparato al Centro facendo attenzione a non sprecare, evitando di portarsi da casa alimenti inutili).
Con un taglio più catechetico sono anche proposte della attività e percorsi per gruppi parrocchiali o per le scuole cattoliche paritarie.
Mi sembra di poter dire che quello che qui ho tratteggiato, sia in linea con il n. 210 della Ls dove si legge: “L’educazione ambientale è andata allargando i suoi obiettivi. Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere una critica dei “miti” della modernità (…) e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio”.