Perché le Comunità Laudato sì?
Nella Laudato Sì, espressamente ispirata dal santo da cui ha preso il nome, Papa Francesco afferma che una nuova ecologia umana ha bisogno di contemplazione e non solo di tecnologia. Economia ed ecologia, due ambiti discorsivi ormai tecnicizzati, sono riportati alla loro radice antropologica e teologica: la ‘casa comune’ di tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti. Solo a condizione di essere capaci di fermarci a guardare ed ascoltare, o, meglio, a contemplare, oltre le nostre sempre più potenti capacità di fare e di agire, possiamo riconoscere le contraddizioni alle quali ci troviamo esposti.
Partendo da questo piano sarà possibile cercare di colmare quel divario mentale e politico che ogni giorno tocchiamo con mano, per cercare di orientare ciò che oggi sembra destinato a sfuggire a qualunque controllo e senso. La ragione della paralisi culturale di cui oggi soffriamo, sostiene papa Francesco, è il frutto di quella attitudine tipicamente moderna a non voler impiegare l’intero spettro delle capacità umane nell’organizzare la vita insieme. Se si parte da un’idea di vita neutra e asettica si arriverà a costruire mondo neutro e asettico, iperfunzionale e disumano. Capace, alla fine, di distruggere quella vita che pretende di conoscere e dominare, ma che in realtà dimentica, anzi tende a scartare.
La provocazione di papa Francesco sulla questione più profonda del nostro tempo è dunque la seguente: l’idea che ha alimentato la crescita degli ultimi secoli – quella secondo cui il semplice perseguimento dell’interesse individuale e la nostra capacità tecnica sono sufficienti per creare ricchezza collettiva – si rivela sempre più inadeguata. Al punto in cui siamo, è necessario un cambio di passo. Abbiamo bisogno di ricomporre su basi nuove la possibilità di espressione dell’io con la cura del contesto circostante; l’organizzazione dei sistemi tecno-economici con le esigenze dell’ecosistema; le nostre certezze scientifiche con lo spazio del mistero. Solo per questa via l’essere umano può arrivare a capire che la condizione di libertà che lo caratterizza non cancella, bensì esalta, la sua responsabilità – cioè il suo essere in relazione – rispetto a ciò che lo circonda. È questa la conversione che il Papa chiede. Una conversione che ha bisogno, per potersi realizzare, di un tipo d’uomo diverso da quello oggi dominante.
Una chiamata in causa e non una semplice analisi
Dopo più di tre anni dalla pubblicazione dell’Enciclica la sua recezione è tutt’altra che acquisita, sia dentro che fuori la chiesa. Il rischio è di ridurre la Laudato Si’ ad un manifesto verde che chiede un assenso, mentre ciò che sta al cuore dell’ecologia integrale è una chiamata in causa. Ogni cambiamento, infatti, nasce sempre dalla coscienza di singoli che si sentono chiamati personalmente a porre azioni che alimentano una diversa prospettiva. Dunque, ciò che è urgente non è accumulare analisi e dati, peggio ancora dividersi tra negazionisti o terroristi dell’ambiente, ma far crescere comunità che, a partire dal basso, modifichino comportamenti, abitudini, prassi. Di qui nasce l’idea condivisa con Slow food di dar vita a delle Comunità Laudato Sì. Dopo il lancio, avvenuto proprio qui alla PUG, nel marzo 2018, sono nate 33 Comunità, prevalentemente nel Nord e nel Centro Italia. Le ultime 3 in ordine di tempo sono: Assisi 1, Alba 1, Portocomaro 1. Siamo appena agli inizi, ma è un segnale incoraggiante vedere che ci siano già centinaia di persone che abbiano raccolto l’invito a far qualcosa di concreto. A luglio scorso, peraltro, si è svolto ad Amatrice il primo Forum delle Comunità sulla questione dell’uso e dell’abuso della plastica.
Il progetto si sviluppa su tre orientamenti strategici, che indirizzano l’agire della Comunità:
- Thinking global, acting local: rapporto globale–locale;
- Fare insieme, fare condiviso, fare in rete: “dare senza perdere, prendere senza togliere” (S. Zamagni);
- Learning by doing: processo di apprendimento durante l’azione.
L’iniziativa delle Comunità Laudato sì va nella direzione di quella che Stefano Mancuso definisce ‘democrazia vegetale’. La rete di Comunità è come una pianta: ciascun organo coopera per mantenersi in vita; le radici mettono in comunicazione le piante, facendo circolare linfa vitale. Impariamo così dalla natura un modello di cooperazione dove ciascuno mantiene la propria identità, aggregandosi per affrontare l’emergenza-chiave del nostro tempo.
Come si dà vita ad una Comunità Laudato Sì? Tre sono i riferimenti necessari: le linee guida; il codice etico-estetico; l’educazione e la spiritualità ecologica. Le linee guida sono essenziali perché corrispondono ad una realtà orizzontale che si vuole leggera ed affettiva. La prima: è una associazione libera e spontanea di cittadini, senza limitazioni o restrizioni di credo, orientamento politico, nazionalità, estrazione sociale. La seconda: ogni comunità è composta da un numero minimo di 5 persone e si impegna a condividere l’obiettivo di diffondere e accrescere la sensibilità e l’educazione nei confronti delle tematiche dell’ecologia integrale, della tutela dell’ambiente e della causa comune attraverso eventi, conferenze, laboratori, corsi, pubblicazioni, scambi e iniziative sul territorio in cui opera. La terza: le Comunità operano in piena autonomia e liberà e possono intraprendere qualunque tipo di iniziativa in linea con i principi dell’ecologia, della giustizia sociale, dell’inclusività, della solidarietà e della trasmissione dei saperi.
Il codice etico/estetico si può riassumere in 6 parole: libertà, uguaglianza, democraticità, cooperazione, onestà, responsabilità (personale), gratuità.
L’educazione e la spiritualità che si vogliono promuovere hanno quattro obiettivi: puntare su un altro stile di vita per superare l’individualismo; educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente; la gioia e la pace, l’amore civile e politico.
La “Casa futuro” ad Amatrice
Le Comunità Laudato Sì nascono da un irrituale connubio tra una esperienza laica ed una credente, tra Slow Food e la Chiesa di Rieti. E la ragione di questo incontro è la tragedia del terremoto del Centro Italia che ha messo in evidenza il difficile rapporto tra uomo e ambiente. Tra le opere-segno che intendono attestare la rigenerazione del piccolo borgo di Amatrice c’è la cosiddetta “Casa futuro”. Una struttura di accoglienza per giovani che diventi spazio accogliente per vivere un’esperienza di immersione nella natura e sia un modo concreto per educare ad un diverso rapporto con la casa comune. Da una terra ferita nasce un’opera educativa che, peraltro, si inserisce sulla scia dell’opera di don Minozzi (1884-1959), nato in una delle 69 frazioni di Amatrice (Preta). Dopo l’esperienza tragica della I guerra mondiale in trincea come cappellano, si dedicò alla crescita di intere generazioni di orfani, immettendoli nel mondo del lavoro con una adeguata formazione professionale. L’arch. Stefano Boeri ha firmato il progetto di “Casa futuro” che intende rifinalizzare questi spazi oggi devastati dal sisma. L’opera richiederà un lungo percorso ed è pensata come un’azione che coinvolga tutte le Comunità Laudato Sì con un sostegno economico libero, ma ancor prima con la condivisione di una realizzazione che vuol trasformare una tragedia in un’opportunità.